Alternative alla Medicina…?
Una questione importante sia per il medico clinico convenzionale che per il medico che si occupa di medicine complementari (come del resto anche per gli altri operatori sanitari!), è il quello che noi chiamiamo “il paziente alternativo”, che rifiuta spesso i farmaci di sintesi e i trattamenti comuni, ma che altrettanto spesso rifiuta pure gli strumenti convenzionali di diagnosi.
Vi descrivo brevemente 5 casi di “pazienti alternativi” .
Caso 1 : donna di 72 anni che si era “curato” un tumore al seno di oltre 10 cm di diametro con l’applicazione di foglie di cavolo verza, senza dire niente né ai familiari né al medico curante. E non fu semplice per me convincere la signora all’intervento chirurgico. La fitoterapia di sostegno solo dopo l’intervento chirurgico.
Caso 2 : donna di 49 anni con tumore al seno, che aveva abbandonato la terapia convenzionale per curarsi con la tisana di Caisse e i trattamenti di un guaritore (rabdomante): dopo 10 mesi ha sviluppato grave insufficienza respiratoria per la diffusione di metastasi polmonari . Il nostro intervento è servito a convincerla a tornare alla terapia convenzionale integrata con estratti di Curcuma longa e di Boswellia serrata al fine di ridurre l’insufficienza respiratoria.
Caso 3 : uomo di 74 anni con basalioma del dorso del naso, ha rifiutato la terapia chirurgica rivolgendosi unicamente ad un trattamento con una pomata a base di polifenoli del tè verde. In questo caso il risultato è stato molto buono. Caso 4 : donna di 53 anni, inviata dall’ oncologo prima di iniziare la chemioterapia, in quanto la paziente si era curata inizialmente , per alcuni mesi, con prodotti erboristici artigianalmente e impropriamente preparati (tintura di Taxus baccata, olio di fegato di merluzzo , betulla e lampone!), con grave ritardo negli accertamenti e nell’intervento chirurgico.
Caso 5 : donna di 68 anni, affetta da cancro stenosante del colon –sigma., alla quale ho consigliato l’intervento chirurgico in quanto il tumore era asportabile: ha rifiutato di sottoporsi a tale terapia “invasiva” ma necessaria, preferendo rivolgersi ad una clinica privata dove le avevano garantito di poterla curare con trattamenti “naturali” a base di bagni di fieno. Questi solo alcuni esempi, e i più comuni li troviamo proprio tra i malati oncologici o comunque tra i malati affetti di patologie gravi.
I medici tutti, ma anche il personale sanitario in genere dovrebbe vigilare su questi pazienti, che in alcuni casi rischiano di abbandonare pure terapie efficaci, solo per la paura della diagnosi, oppure perché alla ricerca non tanto di una “medicina alternativa” bensì di una “alternativa alla medicina”. E questo, anche se è umanamente comprensibile, non è accettabile dal punto di vista scientifico.
Sono graditissimi i vostri commenti!
Rif.: European Journal of Integrative Medicine 4S (2012) 9–123, 97 . http://dx.doi.org/10.1016/j.eujim.2012.07.699
Fabio Firenzuoli

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