Astragalo, un’erba antica per un problema moderno.
La ricerca sulle piante esiste, eccome se esiste. Anche nei laboratori universitari degli istituti di farmacologia, da sempre ritenuti impropriamente avvezzi solo a “maneggiare farmaci”, come talvolta viene detto con tono dispregiativo (come se i farmaci non servissero…). In realtà lì non maneggiano farmaci, ma, tra le altre cose, studiano il meccanismo d’azione delle sostanze attive, anche quelle naturali. Un tassello questo importante della ricerca, perché può consentire poi di mettere a punto i successivi protocolli di studio clinici mirati alla verifica di efficacia. Questi sono percorsi, semplici, corretti, in medicina scientifica. Applicabili anche alle piante medicinali. Anche ai fitocomplessi delle piante. Anche a quelle antiche, anche per problemi provocati da terapie moderne che in antichità non esistevano e per i quali abbiamo scarse soluzioni.
Ed è quello che stiamo facendo anche noi, ormai da qualche tempo, con una pianta che proviene dalla antica medicina cinese, l’ Astragalus membranaceus, ampiamente conosciuto come tonico del Qi, ed in particolare la sua radice. I dati attuali mostrano gli effetti anti-neuropatico di diversi estratti di Radix astragali in un modello animale di neurotossicità provocata dall’ oxaliplatino un farmaco molto comune in chemioterapia oncologica.
Ebbene, con il lavoro appena pubblicato dal nostro gruppo poli-disciplinare, coordinato dalla Prof.ssa Carla Ghelardini, è stato documentato che alcuni fitocomplessi ottenuti dalla radice, in particolare con estratti idroalcolici, controllano il dolore e impediscono danni al sistema nervoso periferico e le modifiche lungo l’intero percorso nocicettivo all’interno del sistema nervoso centrale. E’ stato visto anche che riducono la crescita della microglia e degli astrociti nel midollo spinale, il meccanismo che sta alla base del dolore provocato, preservandone comunque la funzione di neuroprotezione.
Non solo. I dati dimostrano un importante effetto protettivo nei confronti dei danni al fegato e al rene dell’oxaliplatino, a carico del fitocomplesso, suggerendo la sinergia tra i diversi composti.
Non solo. Nello studio sono state escluse, con dati sperimentali anche eventuali rischi di interferenza tra l’ Astragalo con l’attività antitumorale dell’ oxaliplatino, confermando dal punto di vista preclinico che può essere utilizzato come adiuvante la chemioterapia.
Intanto un tassello in più. Siamo saliti ad un pianerottolo della scala. Non banale, considerando che è frutto di anni di lavoro e di un gruppo consistente di ricercatori. Ricerca indipendente, finanziata dal Ministero dell’ Istruzione, Università e Ricerca, e dall’ Università degli Studi di firenze.
Anche i tempi cambiano.
Fabio Firenzuoli

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