Fave al Parkinson.
Poco fa, appena smesso di piovere, son voluto andare a vedere se erano per caso già germogliate le fave che avevo seminato una quindicina di giorni indietro. Il timore era che, per tutta l’acqua piovuta a dirotto, i semi si fossero letteralmente macerati nel fango.
E invece non solo non son macerati, ma stanno tutti germogliando, e, caso fortuito (e qui qualcuno direbbe “segno” di quell’ energia cosmica a noi imperscrutabile), ebbene i germogli erano circondati, quasi ricoperti da un manto di foglie della mia Ginkgo biloba. Di energie cosmiche non me ne intendo, ma i neuroni che mi si stavano finendo di svegliare hanno automaticamente associato le due immagini, raccolte nella foto in alto, e hanno creato un link potenzialmente interessante tra le due. Potrei direi a questo punto per “deformazione professionale” ho correlato la foglia della Ginkgo ormai morta ma carica ancora dei suoi gialli flavonoidi al giovane germoglio di fava che le sta vicino crescendo, quasi come in una sorta di ideale passaggio di consegne… non solo botanicamente parlando ma anche dal punto di vista più squisitamente biologico. E sapete perchè ?
Perchè entrambe le piante, a questo livello, sono fonte di sostanze potenzialmente utili, in particolare per il morbo di Parkinson!
In questa silenziosissima armonia musicale tra le piante che ho percepito, solo interrotta dai merli che stavano arrivando a beccare gli ultimi diosperi rimasti sui rami più alti della pianta, era come se il mio orto mi volesse parlare, sollecitando la mente alle vie metaboliche più contorte, quelle delle nostre catecolamine cerebrali.
Scendendo nel pratico: i polifenoli della Ginkgo si presentano come interessanti nella prevenzione di alcune malattie neurodegenerative, Parkinson compreso. Le fave invece sono per l’appunto il primo vegetale nel quale esattamente 100 anni fa, Guggenheim aveva identificato L-DOPA.
E allora capite bene che non possiamo tacere o sottacere il fatto che nei legumi delle fave è presente L-DOPA, cioè quella sostanza che oggi viene utilizzata come farmaco per supplire la carenza di Dopamina nel cervello dei soggetti affetti appunto da Parkinson. Da allora casi aneddotici di miglioramento dei sintomi dopo il consumo di fave sono stati descritti in pazienti con malattia di Parkinson. Ma c’è di più: anche uno studio clinico per valutare se soggetti malati di Parkinson, mangiando le fave cotte, avessero miglioramenti clinici apprezzabili. Sono stati misurati i valori ematici di L-DOPA dimostrando che l’ingestione di fave produce un sostanziale aumento dei livelli plasmatici di L-DOPA, peraltro correlato con un sostanziale miglioramento delle prestazioni motorie.
Ormai totalmente svegli (!) i miei neuroni non possono non rilevare come anche altri legumi presentino interessanti livelli di L-DOPA, come i fagioli e come ancora meglio i piselli: lo dimostra questo recentissimo lavoro (Mahdi Khozaei et al, 2014) che ha permesso di evidenziare soprattutto nelle foglie la ricchezza di queste catecolamine, peraltro indispensabili anche nella fisiologia del tono dell’umore e dell’apparato cardiocircolatorio oltre che nella cura di altre patologie.
Ora è chiaro che non tutti i depressi o i parkinsoniani debbano andare immediatamente a prepararsi abbondanti zuppe di legumi per il pranzo domenicale di oggi, ma insomma … altri pensieri certo vengono alla mente, ormai definitivamente sveglia.
Curioso no ?
Buona domenica
Fabio Firenzuoli
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