13 settembre 2023 ~ 0 Commenti

Tiroide: una sorprendente Withania…

Dici Withania e ti si apre immediatamente withania careggiil file mentale  di una pianta tipica dell’ antica medicina ayurvedica, il cui uso è già descritto nei testi Caraka-Samhita e Susruta-Samhita del 1000 a.C. Peraltro nota anche come Ginseng indiano (o Ashwagandha, che significa odore di cavallo”, o falso Alchechengi, in relazione alla somiglianza dei frutti.

Ma del tutto riduttivo sarebbe definirla una pianta orientale, dal momento che cresce spontaneamente anche nel bacino mediterraneo, dalle regioni  nordafricane alla stessa Sicilia e Sardegna.  Inoltre assai riduttivo sarebbe soffermarsi all’uso più di regolatore del sonno, forse  influenzati dal suo nome botanico (W. somnifera (L). Si tratta infatti di una intrigante pianta medicinale particolarmente attiva sul sistema neuro-endocrino. Della Withania utilizziamo tipicamente le radici legnose, per ottenerne polveri ed estratti, ricchi in vitanolidi, sitoindosidi ed alcaloidi,  dalle ben note sono le sue proprietà tonico-adattogene, rilassanti, antiossidanti per le quali trova indicazione anche nella modulazione del sistema immunitario spesso compromesso in patologie infiammatorie croniche.

Ebbene, quasi banalizzata perché poco conosciuta, la Withania sta diventando interessante in particolare come rimedio antistress, ma non si può trascurare un aspetto importante: la sua azione sulla funzione tiroidea, compromessa in tantissimi pazienti, in particolare donne, anche su base autoimmune.

Ebbene chi usa, consiglia o prescrive preparati a base di Withania oggi, non può non conoscere alcune peculiarità della pianta anche sulla funzione dell’asse ipofisi-tiroideo, interessanti e potenzialmente utili per alcuni soggetti, potenzialmente tuttavia rischiose per altri.

In questo ambito sappiamo che:

  • in animali da laboratorio la somministrazione di Withania ha aumentato la concentrazione sierica di T4. Ha mostrato un aumento dell’attività della glucosio-6-fosfatasi epatica (G-6-Pasi) e degli effetti antiperossidativi, come indicato da una diminuzione della perossidazione lipidica epatica (LPO) e/o da un aumento dell’attività dell’enzima antiossidante (Panda, 1999).
  • in una donna di 32 anni la Withania assunta per uno stato di fatica cronica, ha provocato uno stato di tireotossicosi, normalizzatosi alla sospensione del trattamento (Van der Hooft, 2005).
  • utilizzata in uno studio clinico su soggetti bipolari per migliorare la funzione cognitiva, nel quale il sotto gruppo di pazienti affetti da ipotiroidismo sublinico, si è avuta la normalizzazione dei livelli di TSH  ed un miglioramento del quadro ormonale periferico (Gannon, 2014)
  • uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, il trattamento di 25 pazienti con ipotiroidismo subclinico con un estratto di radice al 5% di witanolidi (600 mg al giorno) ha determinato una riduzione significativa del TSH sierico, con normalizzazione del quadro ormonale (Sharma et al., 2018).

Ecco allora che preparati a base di Withania, qualunque ne sia l’uso che ne venga fatto, potrebbero diventare anche utili (fino a terapeutici?) per i soggetti con ipotiroidismo clinico o  sub-clinico, ed al tempo stesso invece controindicati nei soggetti ipertiroidei (Firenzuoli, 2023). Questa una semplice e logica conclusione carica certo di cautela e buonsenso, sostenuto tuttavia da letteratura scientifica che, pur nella sua esiguità, merita certo di essere ben conosciuta.

Ed è  allora la Withania stessa :) che si propone, di diritto, disponibile a farsi studiare dal punto di vista clinico, per la terapia dell’ipotiroidismo (ad es. Hashimoto, ecc.), con protocolli metodologicamente robusti, così come si conviene ad una pianta dalle mille potenziali risorse. E altrettanto dicasi per i professionisti del settore che già la utilizzano: si rendano subito interessati e disponibili a seguire, controllare e verificare la funzione tiroidea dei loro pazienti ed adottare tutte le eventuali misure che si rendessero necessarie.

Quali sono le vostre esperienze? Ne discutiamo insieme nel blog?

Fabio Firenzuoli

Dir. CERFIT
Centro di ricerca e innovazione in Fitoterapia

Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze

 

 

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